L’aspettativa più lunga di vita ha elevato l’età in cui si diventa “anziani”. Il nostro cervello, però, è destinato a perdere colpi. È possibile rallentare questo processo. Come? Ce lo spiegano le specialiste del Centro Polispecialistico Beccaria
Le rughe sono il segno visibile sul volto. La fatica e la lentezza, il limite al movimento.
Il corpo invecchia: è un processo inevitabile e inarrestabile. Ma si può scegliere come e in che modo permettere alla vecchiaia di avanzare? La risposta è SI e se questo discorso vale per l’aspetto estetico, se vale per quello atletico, vale sicuramente anche per il nostro cervello.
Dall’11 al 17 marzo si celebra in tutto il mondo la “Settimana del Cervello”, un evento che mira ad accendere i riflettori sui risultati che la ricerca scientifica ha portato a oggi negli ambiti della prevenzione, della diagnosi e degli interventi volti alla salute del cervello.
Il Centro Polispecialistico Beccaria partecipa alla Settimana Mondiale del Cervello e propone un aperitivo scientifico il prossimo 11 marzo, un viaggio alla scoperta della salute del cervello durante l’invecchiamento. Durante l’incontro si potrà discutere assieme alla psicologa Dott.ssa Anna Maria Mirto e alla geriatra Dott.ssa Ester Marazzi che spiega: «Il cervello va fisiologicamente incontro ad una perdita neuronali e si assiste anche ad una riduzione del suo volume»
Dottoressa Mirto, ma cosa significa “Invecchiamento cerebrale”? Cosa succede nel nostro cervello? E perché?
A livello cognitivo si assiste ad un calo fisiologico di alcune capacità cognitive, quali l’attenzione, la memoria, la capacità di apprendimento e di risolvere i problemi, per cui è normale con l’avanzare dell’età avere maggiori difficoltà a ricordare eventi recenti, a svolgere contemporaneamente più azioni /compiti.
A ogni modo, nonostante la deflessione strutturale e cognitiva, il cervello durante la senescenza dispone ancora di plasticità, ossia della capacità di modificare la propria struttura e il proprio funzionamento in reazione alle esperienze. Proprio questa capacità plastica ci consente uno sguardo positivo verso la possibilità di stimolare e allenare il cervello attraverso interventi di training e riabilitazione neurocognitiva.
A quanti anni si diventa “anziani”?
Una volta la soglia era stabilita ai 65 anni, oggi invece, con l’aumento dell’aspettativa di vita, l’eta geriatrata è slittata verso i 70 anni.
Si parla di prevenzione anche per le patologie dementigene: cosa occorre fare?
Le patologie dementigene sono malattie multifattoriali, vale a dire che la loro insorgenza è dovuta alla compresenza di più fattori, tra i quali vi sono la predisposizione genetica, lo stile di vita sedentario dal punto di vista fisico e mentale. Questi rappresentano in altre parole dei fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare la malattia. Per cui se la patologia è inscritta nel DNA, vi è un rischio maggiore di manifestare la malattia rispetto a chi non ha tale predisposizione genetica. Pertanto, in questi casi, anziché di prevenzione, sarebbe più idoneo parlare di diagnosi e intervento precoce, che rappresentano due fasi importanti per una gestione funzionale della malattia. Per cui quando si sospetta dei cosidetti “colpi” che si stanno perdendo è opportuno e utile rivolgersi al geriatra e allo psicologo formato in neuropsicologia al fine di valutare il proprio funzionamento cognitivo e quindi, la salute del proprio cervello per capire se vi sono o meno rischi.
C’è un’età in cui occorre iniziare a mantenere in allenamento il cervello?
Sarebbe importante tenere in allenamento il proprio cervello sempre, e non ricordarsene solo a 50/60 o 70 anni. Tanto più nella vita abbiamo tenuto il nostro cervello attivo, maggiore sarà la “riserva cognitiva”, ossia la capacità che il cervello ha per fronteggiare ai danni dovuti ad una patologia dementigena oppure conseguenti ad un trauma cranico e/o ad eventi cerebrovascolari, come ictus. In altre parole la riserva cognitiva funziona come la riserva di benzina: consente di procedere per alcuni chilometri prima che la macchina si fermi del tutto. A ogni modo, se per lungo tempo si è trascurato il proprio cervello, è sicuramente utile iniziare a curarne la salute anche se si hanno 60 o 70 anni.
È soggetto soprattutto la donna o l’uomo?
Le patologie dementigene riguardano l’uomo quanto la donna, i maggiori casi che si registrano nelle donne sono in realtà imputati alla maggiore longevità di queste rispetto agli uomini. Vivendo più a lungo, oltre gli 85 anni, è più probabile sviluppare la malattia se questa era geneticamente inscritta, rispetto vivere fino ai 65/ 75 anni.
Ambiente, stili di vita, scolarizzazione: quanto influiscono questi elementi?
Sono molto determinanti in quanto fungono anch’essi da cuscinetto come la riserva cognitiva. Una maggiore scolarizzazione può riflettere un lavoro e/o hobby che richiedono un maggior coinvolgimento delle capacità cognitive, pertanto può contribuire a una maggiore riserva cognitiva. Uno stile di vita attivo, invece, permette di ridurre il rischio di altre patologie, quali ipertensione, diabete … che quando presenti in associazione ad una patologia dementigena, comportano una maggiore fragilità nell’anziano e una maggiore probabilità di un decorso più rapido del declino cognitivo.
Il decadimento cognitivo nelle patologie dementigene è inevitabile?
Purtroppo a oggi non esistono terapie, neppure farmacologiche, in grado di evitare l’insorgenza della malattia quando sono presenti i fattori di rischio o di bloccare il declino cognitivo dovuto alla patologia dementigena. L’unica cosa al momento che è possibile fare è agire a monte riducendo i rischi di patologie che potrebbero influire sulla malattia dementigena accelerandone il decorso e tenendo allenato il proprio cervello al fine di sviluppare una buona riserva cognitiva. Nei casi in cui invece si ha la percezione di perdere o aver perso dei colpi, è fondamentale richiedere un consulto volto a capire se i cambiamenti riscontrati rientrino nel calo fisiologico cui si va incontro con l’invecchiamento o nel quadro di una patologia. In quest’ultimo caso, è possibile agire attraverso attività di training cognitivo o riabilitazione cognitiva in cui, assieme ad uno psicologo specialista, di lavora per stimolare le capacità cognitive ancora discretamente presenti e rafforzare quelle ancora integre.
Lunedì 11 marzo dalle 18.30 alle 20.00 al Caffè Beccaria, via Marrone 4 vicino al Centro Polispecialistico Beccaria, sarà anche l’occasione di fornire supporto e confronto per i familiari e chi altro si prende cura da vicino di pazienti anziani, siano essi sofferenti o meno di una patologia mentale e/o dementigena.
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