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I single non sono tristi, cade uno stereotipo secolare

In Italia sono oltre 7 mln, studio ne svela il profilo
Non tristi e soli, alla disperata ricerca di un’anima gemella. Le persone single sono invece più aperte alle esperienze di quelle che hanno scelto la vita di coppia, hanno un maggiore senso di autodeterminazione e sono più propense ad una maggiore crescita e sviluppo psicologico. A rivelarlo è la ricerca ‘Quello che nessuno ti ha mai detto sui single’, presentata al 124/esimo convegno annuale della American Psychological Association che si è appena chiuso a Denver, negli Stati Uniti.
I single – in Italia secondo dati Censis del 2011 sono oltre 7 milioni – sono ancora ‘vittime’ di stereotipi secolari che i ricercatori dell’Università della California-Santa Barbara hanno deciso di smontare. Hanno pertanto preso in esame, per una revisione della letteratura scientifica in materia, 814 studi precedenti. Dal confronto è emerso che i single tendono a dare più valore al proprio lavoro e sono anche più in contatto con i genitori, fratelli, amici, vicini e colleghi di lavoro. Inoltre hanno un senso di auto-determinazione più marcato e sono più propensi a sperimentare un senso di continua crescita e sviluppo come persona. Un altro studio citato mostra che sono meno inclini a sperimentare emozioni negative rispetto a persone sposate. Quanto agli studi che sostengono come sposarsi renda le persone più felici, sane e meno isolate, non sembrerebbero “metodologicamente in grado di dimostrare tali affermazioni”, secondo i ricercatori. In sintesi la ricerca lancia un messaggio: ‘non c’è un progetto di vita più di successo rispetto a un altro’. “Ciò che conta è se siamo in grado o meno di trovare luoghi, spazi e persone che si adattano chi siamo veramente”, conclude Bella DePaulo, autrice principale del lavoro.
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SINGLE E FELICE

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Di Laura Tirloni – Se per molti il ritrovarsi “single” può rappresentare una sorta di condanna, tanto da spingerli ad impegnarsi attivamente nella ricerca di un compagno di vita, per altri la condizione di single può rappresentare una scelta – magari influenzata da esperienze passate non sempre positive – e una posizione dai risvolti positivi.
Ciascuno col proprio carattere, con la propria storia e le proprie esperienze, non siamo tutti allo stesso modo portati ad intraprendere e a mantenere relazioni sentimentali. Talvolta spiccatamente individualisti, altre volte poco propensi a scendere a compromessi o a condividere il nostro mondo e la nostra intimità con un’altra persona, possiamo ritrovarci “soli” e scoprire di non starci poi così male.
In alcuni casi lo stato di single può trasformarsi in una condizione duratura o anche permanente, nella quale l’individuo può oscillare tra vissuti di solitudine e di libertà, e scegliere comunque quest’ultima dimensione.
Essere un cosiddetto “single a vita”, sia esso uomo o donna che sia, può risparmiare all’individuo lo stress derivante dai possibili contrasti col partner, dal dover scendere a compromessi per andare incontro alle esigenze dell’altro e trovare un equilibrio di coppia. Talvolta, la mediazione e la negoziazione possono apparirci come maggiormente dettati da una sorta di “codice comportamentale di coppia”, più che da un autentico sentire personale, da cui il senso di costrizione del vincolo.
Un single consapevole degli aspetti positivi e negativi della propria condizione, può scegliere di evitare un impegno sentimentale duraturo, privilegiando relazioni affettive più fugaci, che gli consentano quello spazio di movimento necessario per dedicarsi liberamente alle proprie passioni, attività, aspirazioni e ai propri interessi o per coltivare rapporti non meno importanti, come quelli di amicizia.
In generale, può capitare a tutti di ritrovarsi single per brevi, medi o lunghi periodi, talvolta, per varie ragioni, anche tutta una vita. L’importante è sempre riuscire a valorizzare altri aspetti del vivere (oltre a quelli legati alla sfera sentimentale), che possano allo stesso modo regalare quell’appagamento e quelle soddisfazioni indispensabili, mantenendosi comunque aperti all’incontro affettivo – nel senso più lato del termine – con l’altro.
(Laura Tirloni)


Single, tutti i vantaggi di non vivere in coppia

I single, quelli che non hanno un partner fisso per scelta, quelli che non sopportano la vita di coppia, sostengono sempre di essere fieri della loro decisione e del loro status. Gli amici e soprattutto i genitori cercano di far loro capire che “matrimonio è bello”, che “in due è meglio”, che “è ora di mettere la testa a posto”. Ma loro nicchiano, tergiversano, prendono tempo, si rifiutano seccamente.
Hanno ragione i single oppure no? Cerchiamo quindi di capire se davvero la vita da single, scapoli incalliti o zitelle per scelta, ha soltanto vantaggi, quali sono gli eventuali lati negativi e che cosa si nasconde dietro l´insofferenza per il matrimonio o la convivenza sotto uno stesso tetto.
Perché si sceglie la vita da soli
Si fa presto a dire “quanto vorrei essere single…”. Nonostante i numeri di chi rifiuta la convivenza o il matrimonio siano risicati (secondo l´Istat, il 7,4% degli uomini e il 4,7% delle donne), non avere un rapporto stabile resta il desiderio più o meno nascosto di moltissimi italiani. Che però dello status di single hanno una visione sbagliata. Il motivo? Non uno soltanto.
L´aspetto economico
Cominciamo dall´aspetto economico. Vivere da soli è un lusso: in media, il single paga il 12% di tasse in più rispetto a una coppia con figli. Affronta da solo le spese di casa (affitto, luce, gas, telefono…). Al supermercato, trova la confezioni fatte apposta per lui: pratiche, ma più costose.
L´attenzione per il look
E poi c´è il lato del look. Essere single impone un aspetto gradevole e un tenore di vita di un certo livello: ciò significa ore di palestra, abbigliamento alla moda, viaggi, feste…
Le motivazioni
Ma quali sono le motivazioni che portano a scegliere la vita da single? Difficile individuarle con precisione, se non altro perché possono variare moltissimo in base alle esigenze delle singole persone. C´è chi rifiuta di assumersi responsabilità , chi insegue il mito dell´eterna giovinezza, chi ha paura di una scelta sbagliata, chi vede con terrore l´idea di diventare genitore, chi rifugge dallo stress dei preparativi del matrimonio, ha semplicemente paura delle novità…
Quelli che… la libertà prima di tutto
La tipologia principale dei single per scelta, maschi o femmine che siano, riguarda coloro che antepongono la libertà individuale a qualunque altro aspetto della vita. Gelosi delle proprie abitudini, considerano la propria casa come un nido da difendere con i denti da ogni possibile “intrusione” di estranei (partner compresi). L´idea di condividere tutto con il proprio partner li fa cadere in depressione.
E non è questione di banale egoismo: semplicemente, non sono abituati a considerare nella propria vita un´altra persona con le sue idee e le sue esigenze. Insomma, non sanno “pensare per due”.
Nonostante questo, però, né l´uomo né la donna con queste caratteristiche hanno l´aria perdente del “nessuno mi si prende”, tutt´altro: molto sicuri di sé, belli e impossibili, finiscono addirittura per esercitare sul prossimo un fascino non da poco. Facendo in modo da non lasciarsi mai coinvolgere troppo in una storia sentimentale, ottengono l´effetto di calamitare il prossimo.
Quelli che… meglio l’amicizia del matrimonio
A questo tipo di single le storie non mancano di certo. Ma rispetto a una relazione sentimentale, c´è qualcosa che conta molto di più: l´amicizia. Socievole, compagnone, ama aprire la propria casa alle persone cui vuole bene: le pareti domestiche non sono insomma, per questo single, una fortezza inespugnabile da difendere a tutti i costi. L´importante, però, è che non si tratti di un partner che, appena messo piede in casa, cominci ad accampare pretese di rimanerci più a lungo di una notte: in quel caso, il single di questa categoria è pronto a chiudere il portone d´ingresso con doppia mandata… Il suo motto? Voler bene è più importante che innamorarsi.
Come convincere un single così a cambiare prospettiva? Facendolo riflettere che nessuno mette in dubbio il valore dell´amicizia, ma un po´ di equilibrio non guasta: si può pur sempre conciliare l´amicizia con l´amore. Dopo tutto, l´una non esclude certo l´altro.
Quelli che si sentono figli in eterno
Per quanto facciano di tutto pur di non riconoscerlo, il single che appartiene a questa categoria si sente ancora un figlio, prima che un potenziale partner sentimentale. Questo significa che ammette ogni tipo di storia o avventura, ma quando si tratta di venire al dunque (fidanzamento, convivenza, matrimonio) fa un passo indietro, rifiutandosi di assumere una qualsiasi responsabilità: meglio rifugiarsi nel nido di origine, insomma, magari per paura di crescere.
L´amore, per questo tipo di single, è una sfida: come i bambini che prima vogliono a tutti i costi questo o quel determinato giocattolo, poi, una volta ottenuto, se ne stancano in un attimo. Il suo motto? Quello che ha reso famoso lo scapolone d´oro del cinema italiano, Alberto Sordi: “Ditemi voi perché mai dovrei mettermi un estraneo in casa…”.
Come si convince un single di questa categoria a cambiare idea? Per esempio cercando di fargli capire che è il caso di smetterla di giocare all´eterno bambino, e di rassegnarsi a diventare grande: nessuno vi priverà delle domeniche in famiglia o delle serate con amici e amiche…
“Mi diverto molto quando mi trovo di fronte a single patologici: dal punto di vista professionale, scavare nelle loro menti è molto interessante”… La dottoressa Marinella Cozzolino, sessuologa e psicoterapeuta, presidente dell´Associazione italiana di sessuologia clinica, conosce bene la categoria di quelli che “matrimonio, convivenza? No, grazie…”. Alla sua esperienza quotidiana sul campo chiediamo aiuto per definire meglio alcuni aspetti della mentalità dei single, al maschile e femminile.
Cominciamo proprio da questo: c´è differenza tra i cuori solitari uomini e donne?
Senz´altro. Ma serve una premessa: si può essere single per i motivi più vari e adottare comportamenti sempre diversi, a seconda delle persone e dei caratteri. Detto questo, però, l´uomo che rifiuta matrimonio e convivenza ha un atteggiamento per certi versi più “normale”, comprensibile per un maschio: può avere tante storie diverse, può restare comodo a casa con i genitori, vedere gli amici quando vuole, senza avere controlli e orari di sorta.
E la donna?
Nella stragrande maggioranza dei casi ha un rapporto molto conflittuale con la madre, amore e odio, che le causa enormi difficoltà a distaccarsi da lei. Risultato: resta in casa, rifiuta l´idea di abbandonare la mamma e diventare magari madre lei stessa.
Tra le donne adulte italiane questo fenomeno è molto diffuso e in continua espansione.
E pensare che quando si dice “donna single” si pensa subito alla manager rampante mangiauomini…
All´esterno, magari, appare così. Ma poi, in casa, dorme nello stesso letto della madre, come mi è capitato di sentire da alcune mie pazienti…
Insomma, essere single è bello sì o no?
Dipende: se è per libera scelta, nulla da dire; se è per forza maggiore, il discorso ovviamente cambia. E una condizione che all´esterno è vista come qualcosa di positivo, si trasforma in fatto negativo.
Esiste un lato patologico dell´essere single?
Eccome. Ogni volta che si esagera e ci si irrigidisce nelle proprie convinzioni, si finisce per scadere nel patologico. E´ in quel momento che lo psicoterapeuta diventa fondamentale: per individuare la radice del problema (è paura? Incapacità di relazionarsi con l´altro? Timore di essere abbandonato?) e risolverlo. Ma non capita così spesso che un single si rivolga allo specialista per risolvere la sua condizione…
FONTE: LIBERO.IT


Siete belle, intelligenti e… single? Dovete imparare ad accontentarvi

Se siete donne istruite e lavorativamente indipendenti, avete più di 30 anni e siete single, sappiate che fate parte della grande famiglia mondiale delle ragazze belle, intelligenti e piene di qualità che non riescono a trovare un uomo. Pare la trama di una commediola romantica con protagonista Meg Ryan, ma in realtà, nella vita di tutti i giorni, pare che le cose vadano proprio così. A raccontarlo nel modo migliore possibile è lo scrittore americano ed ex giornalista di economia Jon Birger, attraverso il libro Date-onomics: How Dating Became a Lopsided Numbers Game, una sorta di mega-risposta a tutte quelle donne che si chiedono dove cavolo si nascondino i loro principi azzurri. E il giudizio è quanto mai scoraggiante: in realtà quei principi azzurri spesso non esistono. Sì, perché non ci sono abbastanza uomini per soddisfare tutte le richieste delle donne.
Il problema dell’istruzione. Birger ha sfruttato le sue grandi conoscenze economiche e statistiche per compiere un interessante studio dal quale risulta che negli Stati Uniti non ci sono abbastanza uomini laureati e single per soddisfare tutte le donne. Il rapporto è di tre uomini ogni quattro donne. La logica conseguenza è che per ogni uomo che si “accoppia” ed “esce al mercato” ci sono donne che vedono diminuire drasticamente le proprie possibilità di trovare un compagno per la vita. Una giovane redattrice di Vice, Jennifer Juniper Stratford, forse toccata sul vivo dato che ha 23 anni ed è single, ha intervistato Birger per cercare di avere un quadro un po’ più chiaro della situazione.
Tutto parte dall’istruzione: il numero di donne che portano a termine il proprio cammino universitario, negli anni, è molto cresciuto, fino a superare in diverse zone dell’America quello degli uomini. Ciò significa molte donne più istruite rispetto a tanti uomini. Come spiega Birger, «secondo il Dipartimento della Pubblica Istruzione degli Stati Uniti, nel 2023 ci sarà il 47 percento in più di donne laureate rispetto ai laureati. Più o meno tre donne per due uomini». Di base ciò non sarebbe un problema se le donne accettassero di avere una relazione anche con uomini di livello culturale e lavorativo inferiore al loro, ma così non è: le donne accettano sempre meno spesso di sposarsi con uomini meno istruiti. Il fatto è che, secondo Birger, con il passare del tempo questa “sproporzione” aumenterà sempre più. A parere del giornalista la questione è solamente antropologica: «La mia tesi è che il cervello delle ragazze matura a un ritmo più veloce di quello degli uomini, le ragazze maturano socialmente e intellettualmente prima. Sono avanti di un anno sugli uomini. Studiano meglio e più in fretta, sono più organizzate e hanno minore probabilità di soffrire di disturbi dell’attenzione. Quindi credo che le ragazze siano predisposte alla carriera universitaria».
Un lento ma inesorabile declino. Il risultato di quanto spiegato da Birger, dunque, è che le donne belle, brave e intelligenti desiderano accoppiarsi solamente con uomini altrettanto belli, bravi e intelligenti. Ma se di ragazzi belli e bravi ce ne sono ancora molti, intelligenti tanto quanto loro sempre meno, perché, statistiche alla mano, sono le donne a dimostrarsi più brave negli studi. È quindi assolutamente normale che ci siano moltissime donne single nonostante le loro qualità. Tutto questo però si riverbera su un altro dato: l’aumento dei divorzi. Birger è molto chiaro al riguardo: «Ovviamente se le donne scarseggiano fai di tutto per tenerti stretta la tua. Ci sono molte ricerche in campo comportamentista e zoologico. Nel libro cito uno studio in cui i ricercatori osservano le specie monogame. Portano il rapporto dall’equilibrio iniziale a sei maschi per quattro femmine. E quello che hanno scoperto è che il tasso di “divorzio”, ovvero di maschi che abbandonano le femmine, scende dal 22 all’11 percento». È evidente che ciò succede poiché la specie maschile non ha altre opzioni. Ma la ricerca citata da Birger non si ferma qui: «Quando prendono il campione e rovesciano l’esperimento (quindi sei femmine per quattro maschi) il tasso di abbandono da parte dei maschi sale dal 22 percento al 52 percento. Quindi la specie ha sviluppato un comportamento poligamo solo perché abbiamo cambiato il rapporto numerico tra i sessi. È proprio un adattamento evolutivo, perché in un sistema dove le femmine scarseggiano tu vuoi solo far sì che i tuoi geni perdurino, perciò è comprensibile lo sforzo della genitorialità. Ma quando ci sono troppe femmine, il tentativo di accoppiarsi con più femmine vince sulla genitorialità».
La soluzione. Statistiche alla mano, dunque, il quadro è catastrofico: come dice la Juniper Stratford, la generazione delle ventenni di oggi è destinata a un futuro di divorzi e solitudine. E Birger è d’accordo, senonché va preso in considerazione un fattore ulteriore, non calcolabile ma non trascurabile: la morale. Gli esseri umani ne sono dotati e se essa entrasse in gioco potrebbe cambiare i valori in campo. Più precisamente Birger afferma: «Quello che credo, o spero, è che una volta nota la situazione, si faccia qualcosa per cambiare il proprio comportamento. Penso che una volta che tutti si saranno accorti che gli uomini si stanno comportando da porci e che le donne farebbero bene a essere meno selettive, il comportamento generale cambierà». L’unica soluzione a un futuro di solitudine e coppie scoppiate, quindi, è che gli uomini controllino un po’ l’ormone, ma anche che le donne imparino ad accontentarsi. Accontentarsi di ragazzi belli e bravi anche se magari non sono intelligenti tanto quanto loro. Un po’ come già succede nella comunità afroamericana: in essa, infatti, «le donne che si laureano sono quasi il doppio degli uomini e i matrimoni “misti” (tra soggetti con diverso livello d’istruzione, ndr) sono già più comuni».
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6 SINGLE SU 10 VITTIME ‘SINDROME CALIMERO’
Spaventati di non essere all’altezza o incapaci di ricominciare una storia d’amore, a San Valentino 6 single su 10 si sentono vittime di quella che gli esperti definiscono ‘sindrome di Calimero’.
Sentirsi incapaci di iniziare una nuova relazione (62%), avere l’impressione di essere ignorati dagli amici (55%) o essere visti esclusivamente come dei bancomat (48%), sono i sintomi più chiari che accomunano le persone affette da questa patologia.
È quanto emerge da un’indagine promossa da Found e condotta su circa 1.500 single tra uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 55 anni, realizzato con metodologia Woa (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community dedicate, per scoprire come i single vivono l’arrivo di San Valentino. Tutto avviene a causa di una società frenetica, nella quale le persone non riescono a tutelare gli aspetti più importanti della vita.
Ma com’è possibile uscire da questo vortice di solitudine? Bisogna innanzitutto sapersi mettere in gioco (78%), perdere l’equilibrio per un attimo e fare un passo avanti per conoscere nuove persone.
Ma allo stesso tempo avere la pazienza di trovare la persona adatta (72%), per costruire un rapporto solido e duraturo nel tempo.
“Oggi chi è solo vive sempre più la sindrome di Calimero – dice lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro Medico Santagostino di Milano – si tratta della patologia dell’escluso, dove viene barattata una relazione, che è più che altro compromesso, con l’accettazione sociale.
Ci troviamo in un momento in cui tutti noi ci confrontiamo con il fatto che la frenesia della nostra società e alcune scelte di campo, ci impediscono di tutelare le cose veramente importanti come l’amore.
Siamo troppo presi nel correre, tirati dalle urgenze, spaventati di non essere all’altezza, concentrati solo sul noi, abituati a capire e fare tutto in un clic o in un tweet”. Ma quali sono i segnali più evidenti della sindrome di Calimero? Sentirsi incapaci di iniziare una nuova relazione (62%) è il primo fattore che porta l’uomo o la donna a perdere le proprie sicurezze e a sentirsi escluso dalla vita reale.
Di conseguenza nasce nella persona l’impressione di essere ignorato dai propri amici o famigliari (55%), trascurato nelle iniziative più interessanti.
Questo porta inevitabilmente a vivere uno stato di profonda solitudine e a sentirsi esclusi dalle attività.
Percepire di essere considerati prevalentemente come un bancomat (48%), ovvero quell’individuo utile solo a sponsorizzare di tasca propria cene, capricci o voglie di qualsiasi tipo, è un altro segnale di insicurezza. L’autoesclusione è il comportamento tipico della persona colpita da sindrome da Calimero.
“L’amore è altra cosa – continua Cucchi – si tratta di un progetto che ha bisogno di pazienza, del tempo della riflessione, dell’ascolto, della voglia e della tranquillità di mettersi in gioco e costruire ogni giorno la coppia, che evolve con noi”.
Ed ecco 5 consigli per ‘guarire’: 1) Sapersi mettere in gioco ogni giorno. 2) Avere la pazienza di trovare la persona adatta per iniziare una nuova relazione ed evitare delusioni. 3) Vivere esperienze collettive. 4) Dedicare molto più tempo alle passioni. 5) Non fare la vittima e focalizzarsi sugli aspetti positivi della vita.
FONTE (AdnKronos Salute)


L’amore ai tempi di Meetic: benvenuti sull’isola dei single

Per una settimana abbiamo verificato il nuovo format del sito di appuntamenti per capire come diventeranno le nostre relazioni nell’era delle dating app
Mentre leggi queste righe, 9 milioni di single italiani potrebbero star cercando l’anima gemella. Nel 2016 le loro investigazioni hanno portato a totalizzare 230 milioni di incontri, il 6% in più rispetto all’anno precedente e una cifra che permette al Belpaese di primeggiare nella classifica del dating europeo. Come conferma una ricerca commissionata al Center for Economics and Business Research da parte della specializzata Meetic, quello degli appuntamenti fra sconosciuti è un mercato che l’anno scorso ha mosso 6,7 miliardi di euro. Per intenderci, tra regali, abbigliamento e spese per occasioni connesse, la cifra è pari a 6 volte il consumo di videogiochi fra Brunico e Ragusa.
Vista così è difficile non dare tutto un altro senso agli “affari di cuore”.
Si potrebbero anzi sciorinare fior di statistiche che farebbero sorridere se non evocassero quanto, oggi, la nostra identità sia misurabile e misurata anche nelle sue espressioni più intime: si sa, per esempio, che fra i single sono sempre più le donne a fare il primo passo, che l’83% del gentil sesso senza un partner uscirebbe con chi ha uno stipendio inferiore al proprio, o che gli scapoli italiani svettano fra gli europei anche in quanto a generosità — un rilievo effettuato sulla base degli acquisti di san Valentino.
C’è addirittura chi ha messo in relazione le strategie di corteggiamento al segno zodiacale.
Per fortuna, oltre a un’interpretazione distopica dei dati — quell’orwelliano essere tenuti d’occhio dal primo messaggino sui social fin quasi sotto le lenzuola — ne esiste anche un’altra.
E non è un caso che siano proprio l’amore e la sua gestione nella nostra società a suggerirla. Forse addirittura a trainarla: la corrispondenza di amorosi sensi non fa che indicare quanto il futuro del digitale sarà sempre più fisico.
Dating_Fisico
Ma che bella scoperta, potrebbe rispondere qualcuno, memore di come tolto quello dei poeti, sia difficile giudicare completo uno scambio amoroso che dalla caverna platonica (digitale) non si traduca in fisica quotidianità.
Eppure basterebbe pensare ai social network, alla messaggistica privata e al proliferare di siti e dating app per ricordare quanto poche cose come gli incontri, il primo approccio e pure il prosieguo della relazione, sono diventati appannaggio dell’ecosistema sintetico in cui siamo placidamente immersi.
Una superficiale interazione online non basta
Lo dice Federica Cremascoli, event manager di Meetic Italia. Esatto, “event”, perché fra i siti di dating, l’esperienza e la qualità del primo incontro oggi sono un business aggiuntivo al fare in modo che l’incontro stesso avvenga. Meetic l’ha capito nel 2014, anno in cui ha inaugurato, appunto, gli eventi: 6mila nei 3 anni successivi e in 15 città diverse. Grazie a una collaborazione siglata in Italia con il gruppo Alpitour, alle serate organizzate oggi si sono aggiunti i viaggi, esperienze prolungate di condivisione in terra straniera calibrate sulle esigenze dei partecipanti.
“Scegliere di partire da soli per una vacanza all’estero e con tanti sconosciuti con cui condividere attività, momenti o intere giornate è una mossa importante”, precisa Cremascoli. “Eppure i risultati sono sorprendenti”. Lo ha dimostrato la trasferta più recente, organizzata per un centinaio di single provenienti da tutta Europa al Bravo Istrion Bay di Creta, nella baia di Mirabello.
In generale, 2 persone su 5 dichiarano di aver incontrato qualcuno
Fra una serata a tema hippie e la “white night” con rigoroso e latteo dresscode, lo abbiamo testimoniato personalmente e sebbene più interessati a capire meglio come siano costituiti i gruppi. A Creta su “su 100 partecipanti, di cui il 35% di ritorno da altri giri organizzati nel 2016 — perché 1 su 3 rifà il viaggio – c’erano 57 uomini e 43 donne, diplomati e in maggior parte laureati, con un’età media di 40 anni. Gli italiani erano 19, con un’età media di 43 anni”.
Nell’era di Tinder — peraltro altra colonna del gigante Match Group, il leader di mercato cui appartiene anche Meetic — è ormai normale bere qualcosa o ritrovarsi a cena con un match scoccato online. Rimane tuttavia coriaceo, almeno per chi scrive e prima di verificarlo coi propri occhi, un pregiudizio che vorrebbe all’ultima spiaggia chi affidi a terzi la briga di portarlo in giro per il mondo con l’eventuale anima gemella.
“Non la vedo così”, commenta Cremascoli: “i nostri viaggiatori sono molto diversi fra loro: c’è chi, magari deluso, cerca un’altra chance amorosa, chi semplicemente ama divertirsi e visitare posti sconosciuti con persone che condividano lo stesso obbiettivo e chi coglie l’occasione per staccare da ritmi quotidiani che forse lasciano poco spazio alle relazioni. Tutti sono però accomunati da un tratto: il coraggio, la voglia di mettersi in gioco e senza aspettative soffocanti. Lo dimostra il fatto che spontaneamente sono nati gruppi solidi, amicizie che spesso resistono ben oltre la fine della settimana organizzata”.
Il punto è forse quest’ultimo: un ambiente di incontro controllato soddisfa l’esigenza di una conoscenza diretta e a un tempo elimina o almeno riduce le spiacevolezze collaterali, siano l’ansia di non incontrare la persona giusta, oppure il timore di sentirsi braccati da quella sbagliata.
È un eldorado cui non a caso qualsiasi dating app di nuova generazione sta convergendo con strategie e successo diversi. Se OkCupid, sempre di Match Group, per ridurre i rischi di un appuntamento al buio, punta a illuminarlo con un algoritmo e un dettagliato questionario di profilazione — che indaga le preferenze politiche o la posizione sull’aborto, fino al credo religioso e i gusti culinari — Once ci aggiunge il limite di un match ogni 24 ore, con la speranza che il recinto imbrigli qualsiasi accanimento bestiale e poco gradito.
Fra tutte, l’app più innovativa oggi sembra Bumble, nata da un’idea di Whitney Wolfe Herd, la 29enne co-fondatrice uscente di Tinder. L’intuizione alla base del suo successo — che ha valso alla Herd una copertina di Forbes e offerte per centinaia di milioni di dollari, peraltro ancora da Match Group — è quella di lasciare alla donna l’onere esclusivo del primo passo, ma limitandone la finestra temporale per rispondere: in altri termini, l’app in un colpo solo protegge le sue clienti da approcci molesti e le dissuade dal fare troppo le preziose. La formula, sotto sotto un invito a una maggiore consapevolezza online per lui, lei e anche l’altro, funziona. Non è un caso che oggi Bumble si prefissi anche un utilizzo in ambito professionale.
Ciò detto, rimane nell’aria, nel senso di ovunque, quella piccola grande ambizione: trasportare, o forse riportare, la relazione nel suo ambito più fertile — stricto sensu — dalla sintesi digitale alla realtà esperibile coi cinque sensi.
“Riteniamo che iniziative come i nostri eventi, i viaggi e soprattutto l’applicazione Awaytomeet riflettano esattamente questa tendenza”, spiega Cremascoli. “È una web app all’interno di quella Meetic pensata solo per le trasferte e in grado di permettere la comunicazione del gruppo e tenerlo informato in tempo reale”. In fondo è quello che, su scala più ampia, si prefiggono piattaforme come HiBye, il social network per passare “dal mondo virtuale a quello reale”.
Detto altrimenti, una rete aperta, geolocalizzata e accessibile attraverso app gratuita per iOS e Android, che profilando interessi ed esigenze condivise da persone nella stessa zona le connette. Chissà mai che alle 3 del mattino tu abbia bisogno di un taxi per andare nella stessa direzione di qualcun altro, o una sera tu sia l’unico fra i tuoi amici a voler andare a teatro. Vista diversamente, chissà mai diventi urgente l’esigenza di incontrarsi scavalcando le connessioni digitali — e Hibye fa esattamente questo, permettendo chiamate anche a persone che non siano in contatto altrimenti.
Non solo la separazione fra virtualità e reale sembra dileguarsi ogni giorno di più, il futuro del digitale è in carne e ossa. Lo dimostra la cosa più umana e viscerale di tutte: l’amore al tempo di Meetic ed epigoni.
Basterebbe chiedere ai 9 milioni di single attorno a te.
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Com’è cara la vita da single

Una ricerca inglese fa i conti in tasca a chi ha deciso di vivere da solo: spende molto di più delle coppie
Destinati a diventare poco meno di 10 milioni entro il 2020, orgogliosamente incardinati alla propria indipendenza e decisi a evitare come il morbillo la vita in comune, i single inglesi, cibo precotto da Sainsbury’s e cappuccini allungati da Starbucks, scoprono da un ricerca commissionata per il sito uSwitch, che la loro esistenza piena di silenzi e libertà costerà mediamente 250 mila sterline (300 mila euro) in più di quella di una coppia senza figli. «E’ il prezzo che deve pagare chi vuole più bene a se stesso che agli altri, possiamo metterla così?», dice amara Ann Robinson, curatrice dell’indagine.
La parte più importante di quella che la Bbc ha ribattezzato «singles tax» è data da mutui e affitti, il costo della casa insomma, che su una persona sola incidono per 7080 sterline l’anno e che una coppia generalmente divide per due. «E’ il problema delle economie di scala, che diventa evidente nel caso di un appartamento, ma in realtà si rirpoduce con un effetto domino sulla maggior parte delle scelte quotidiane, dalla spesa alle vacanze».
Cucina abitabile
Andy Saxton, 40 anni, impiegato di banca, vive in un appartamento con bagno, camera, cucina abitabile a Chelmsford. E’ leggermente sovrappeso, tende a perdere i capelli, ma giura che il vero vantaggio della vita per conto proprio – «ignorando per un momento la grandiosa rivoluzione dell’iPad» – è quello di potersi lasciare andare a uno stato d’animo che finisce per essere una combinazione in dosi uguali di pigrizia, accidia e arrendevolezza. «Puro ozio senza sensi di colpa». La sua vita è diventata una dei parametri dell’indagine.
Seicento sterline di bollette in più – gas, luce acqua – e la quasi matematica certezza di non trovare un camera singola negli alberghi di mezzo mondo, a meno di non pagarla il doppio di quello che costerebbe ai suoi amici Linda e Carl, conviventi da 11 anni. «I soldi sono un problema, faccio parte anch’io di quell’80% della ricerca che sa che la solitudine si paga, ma mi rispondo che è il prezzo della libertà». Si accarezza lo stomaco e si fa una domanda che in verità è un appello. «Perché la Tesco, la catena di supermercati sotto casa mia, ha un sacco di offerte da 10 sterline con cibo per due e una bottiglia di vino regalata e niente per chi tira avanti un’esistenza per conto proprio?».
Martin Lewis, fondatore del sito Moneysavingexpert.com, prova a dargli una risposta. «La maggior parte delle aziende – che si occupino di viaggi o di grande distribuzione di cibo o di vestiti – sa che la società è ancora fondata sulla famiglia, valore ancora più importante per i conservatori. E che, se un single spende più di una coppia, padre, madre e due figli fanno ancora più fatica di loro. Ovvio che preparino sconti legati alla quantità degli acquisti e quello che a un single può sembrare ingiusto in realtà è banalmente razionale».
A consolare i single interviene Emily Betts, 28 anni, avvocato di un certo successo, occhi verdiazzurrognoli, una scollatura cinematografica e capelli biondi che arrivano a metà schiena. «Nessuno al mondo sta bene quanto un single. Paghiamo la vita un po’ di più? Benissimo. Ma io esco cinque sere la settimana, le mie amiche due al mese. Non farei cambio per niente al mondo.
E’ la società che sta cambiando, avete sentito parlare delle Swofties?». Le Swofties, allora, acronimo che sta per «single women over fifty», nuovo fenomeno londinese molto al di là di *** and the city, cinquantenni scatenate, innamorate di twitter e delle vacanze esotiche. «Il marito l’ho lasciato da un pezzo e in Brasile trovo uomini meravigliosi, poco impegnativi e molto partecipi, se capite cosa voglio dire», si vanta Samantha Ellen, dirigente di una finanziaria con uno stipendio da un milione di sterline l’anno.
Ritoccata, botox alle labbra e agli zigomi, è abituata a girare con ragazzi più giovani di lei di 20 anni. Li conquista o li compra? «Domanda assurda, persino offensiva. Vivo e sono libera, che male c’è? E il bello è che andando in giro la notte ritrovo un sacco di amici di quando ero ragazza», cinguetta. Come se il fatto di incontrare una persona che abbiamo perso di vista da tempo ci restituisse di colpo la persona che eravamo quando la frequentavamo.
C’è qualcuno che vuole ancora una vita normale nella Londra del 2010? Ma deve essere la parola «normale» a fare paura.
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