Riporto parzialmente l’articolo pubblicato da  Enrico Maria Secci come MEMO per futuri approfondimenti su questa interessantissima questione che, di fatto, coinvolge la maggior parte di noi:

L’esperimento su “l’impotenza appresa” dimostra con quanta rapidità puoi andare in depressione

Mancanza di speranza, sfiducia, pensieri negativi, atteggiamento ipercritico verso se stessi, gli altri e il mondo, e verso il tempo passato, presente e futuro sono alcune delle caratteristiche distintive nelle depressioni. Elementi che, nella mente della persona depressa, si combinano in uno stile di pensiero rigido e auto-referenziale, in una percezione disfunzionale della realtà che si pone come verità negativa unica e inalienabile e che si sostituisce alla realtà.

Col tempo, lo schema depressivo prende il sopravvento, si perfeziona e nutre quella condizione di passività, di amarezza, e di rassegnazione che imprigiona la persona depressa in una sorte di morte vivente. Una morte vivente dove ogni cosa perde le sue reali proporzioni, dove il più piccolo evento negativo si costituisce rapidamente come legge universale e ogni circostanza positiva, anche la più significativa, diviene minima o passa addirittura inosservata.

L’esperimento di Seligman  con i cani

I cani di Seligman. Negli anni ’70, lo psicologo newyorkese Martin Seligman scoprì uno dei meccanismi della depressione attraverso un esperimento con i cani. Un primo gruppo di cani fu condotto in un ambiente dove, senza potersi in alcun modo sottrarre, riceveva scariche elettriche. Un secondo gruppo, fu sottoposto allo stesso trattamento, ma gli animali potevano sottrarsi alle scariche elettriche pigiando col muso un apposito pulsante, cosa che impararono presto a fare.

L’esito più interessante di questo esperimento fu osservare che i cani del primo campione che in una fase successiva venivano stimolati elettricamente in una condizione nuova, in cui avrebbero potuto interrompere col muso le scariche elettriche risultarono inerti, ovvero, subirono la condizione sperimentale senza cercare alcuna soluzione. Questo effetto ha preso il nome di impotenza appresa ed è diventato presto uno dei capisaldi della psicoterapia.

L’impotenza appresa ed evidenze sperimentali

L’esperimento di Seligman fu ripetuto assegnando a un campione di studenti da prima compiti impossibili da risolvere, a cui seguì invece una batteria di esercizi perfettamente risolvibili. Anche in questo caso, gli studenti esposti alla prima condizione sperimentale di frustrazione si mostravano successivamente passivi, rinunciatari, arresi e complessivamente incapaci di far fronte ai nuovi stimoli, anche se semplici e del tutto alla loro portata.

Queste evidenze sperimentali, ripetutamente confermate, dimostrano con quanta rapidità possiamo apprendere convinzioni negative errate e limitanti, e coltivarle sino alla paralisi depressiva. Così, nella storia delle persone depresse sono stati frequenti, spesso al di là della loro consapevolezza, eventi che hanno favorito schemi mentali di impotenza, schemi mentali poi inconsciamente estesi e generalizzati a un numero crescente di situazioni, con la conseguenza di cementare una varietà di credenze auto-avveranti circa l’inutilità di se stessi come agenti di cambiamento dei problemi della propria vita.

Le scoperte di Seligman fanno riflettere sull’impatto delle esperienze traumatiche sulla costruzione di una realtà successiva al trauma, sempre più cupa e inesorabile, sino a che non decidiamo di esplorare, mettere in discussione e cambiare attivamente, ricollocandole nel presente, le modalità automatiche che, nostro malgrado, potremmo aver appreso in un passato, più o meno remoto, di effettiva impotenza percepita e alimentano lo stile di pensiero depressivo che ci domina indebitamente. E allora scopriremo, come sostiene Micheal Yapko, psicoterapeuta di fama mondiale, che la depressione è una pecora travestita da lupo.

Come provare a gestire i sentimenti negativi indotti dall’impotenza appresa?

Per provare a gestire l’impotenza appresa, ecco qualche consiglio più specifico:

    • Smetti di criticarti, relativizzando gli errori e tenendo presente che fanno parte della vita di tutti noi. Fare degli errori non equivale ad essere degli stupidi;
    • Inizia a complimentarti con te stesso. Se fai qualcosa di buono per qualcuno, è perché sei una buona persona. Gli studi hanno dimostrato che complimentarsi con noi stessi per le cose andate bene aumenta la capacità di pensare in maniera più ottimistica;
    • Cerca di costruirti un ambiente positivo. Se sei circondato da persone negative, che ti buttano giù aumentando i tuoi pensieri pessimistici, cerca di costruirti un ambiente più stimolante in questo senso;
    • Concentrati su cose che puoi controllare. Chiediti sempre “Cosa posso concretamente fare per migliorare questa situazione?”. Inutile spendere le proprie energie nel tentativo di cambiare cose che, di fatto, non sono sotto il nostro controllo;
    • Datti una ricompensa anche per i piccoli miglioramenti. Nel momento in cui pensi al prossimo step, pensa anche a come premiarti per ciò che hai raggiunto (dedicati al tuo hobby preferito, esci con gli amici, vai a vedere la partita o a sentire un concerto…).

FONTE


Psicologia positiva

Il termine psicologia positiva designa una prospettiva teorica ed applicativa della psicologia che si occupa dello studio del benessere personale, costrutto al centro della qualità della vita.

Lo studio della qualità della vita, che ha ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi trent’anni da parte di medicina, psicologia e sociologia, distingue gli indicatori oggettivi, quali la salute fisica, le condizioni abitative e lavorative, dagli indicatori soggettivi come la percezione del proprio benessere psicologico e il soddisfacimento delle proprie aspirazioni.

Proprio questi ultimi sono stati centrali nello sviluppo della psicologia positiva. Secondo Martin E. P. Seligman, lo psicologo statunitense che è riconosciuto il padre della moderna psicologia positiva, la psicologia deve dedicare pari attenzione agli aspetti patologici della persona e agli aspetti positivi dell’esistenza umana: emozioni piacevoli, potenzialità, virtù e abilità dell’individuo.

Questi aspetti sono sostenuti da istituzioni positive quali la democrazia, la famiglia e la libertà d’informazione.

Gli aspetti psicologici positivi permettono di limitare i disturbi psicologici, migliorano le capacità di recupero e sostengono la felicità dell’individuo. La qualità della vita sono gli aspetti fisici, sociali ed emozionanti del benessere di un paziente che sono rilevanti e importanti per l’individuo.

Definizione

Seligman e Csikszentmihalyi definiscono la psicologia positiva come “… lo studio scientifico del funzionamento umano positivo e fiorente su più livelli che include la dimensione biologica, personale, relazionale, istituzionale, culturale e globale della vita.”[1] Christopher Peterson definisce la psicologia positiva come “… lo studio scientifico di ciò che rende la vita più degna di essere vissuta”.

Concetti base

La psicologia positiva è collegata al concetto di eudaimonia, “la vita buona” o fiorente, il vivere secondo ciò che detiene il maggior valore nella vita – i fattori che contribuiscono maggiormente a una vita vissuta e appagante. Pur non tentando una definizione rigorosa della buona vita, gli psicologi positivi concordano sul fatto che si deve vivere una vita felice, impegnata e significativa per sperimentare “la bella vita”. Martin Seligman ha definito “la bella vita” come “usare ogni giorno i propri punti di forza per produrre un’autentica felicità e un’abbondante gratificazione”. Secondo Christopher Peterson, “l’eudaimonia trionfa sull’edonismo”.

La psicologia positiva completa, senza voler sostituire o ignorare, le aree tradizionali della psicologia. Sottolineando lo studio dello sviluppo umano positivo, questo campo aiuta a bilanciare altri approcci che si concentrano sul disordine e che possono produrre solo una comprensione limitata. La psicologia positiva ha anche posto un’enfasi significativa sulla promozione dell’autostima e dell’immagine di sé positive, sebbene gli psicologi positivi con una predisposizione meno umanistica abbiano meno probabilità di concentrarsi con attenzione sulla questione.

La premessa fondamentale della psicologia positiva è che gli esseri umani sono spesso attratti dal futuro più di quanto non siano guidati dal passato. Un cambiamento nel nostro orientamento al tempo può influenzare in modo drammatico il modo in cui pensiamo alla natura della felicità. Seligman ha identificato altri possibili obiettivi: famiglie e scuole che consentono ai bambini di crescere, luoghi di lavoro che mirano alla soddisfazione e all’elevata produttività e insegnano agli altri la psicologia positiva.

Coloro che praticano la psicologia positiva tentano interventi psicologici che promuovano atteggiamenti positivi verso le proprie esperienze soggettive, i tratti individuali e gli eventi della vita. L’obiettivo è minimizzare i pensieri patologici che possono sorgere in una mentalità disperata e, invece, sviluppare un senso di ottimismo nei confronti della vita. Gli psicologi positivi cercano di incoraggiare l’accettazione del proprio passato, l’eccitazione e l’ottimismo delle proprie esperienze future e un senso di contentezza e benessere nel presente.

I concetti correlati sono felicità, benessere, qualità della vita, soddisfazione e vita significativa.

FONTE