Sabato scorso, prossimi alla conclusione della prima lezione del corso di apicoltura 2014/15, il prof. Porporato ha affrontato l’argomento che ogni anno fa calare il silenzio in sala e convergere l’attenzione di ogni astante: il volo nunziale della regina… con tutte le conseguenze del caso per i poveri fuchi! 😀
Mentre tutte le teste dei partecipanti erano rivolte alle immagine proiettate sullo schermo, io mi sono soffermato sui loro volti e sulle battutine che, come sempre, fanno da corollario a questa parte del corso.
Ma questa volta, invece di sorridere con loro, un’intuizione mi ha folgorato. 🙄
Quando veniva spiegato che l’ovario della regina viene riempito di spermini durante quell’unico volo nunziale per permettere poi alla regina di chiudersi nella sua prigione dorata e deporre uova a ripetizione per 5 anni… mi sono reso conto dell’abisso che caratterizza la mia razionalità e la mia esperienza dai soggetti più pratici e concreti! 😁
Vi ricordate quando al Liceo spiegavano il mondo delle idee platonico contrapposto al razionalismo aristotelico? Metodo induttivo e deduttivo?
Ebbene ho preso coscienza in un istante di quante conseguenze pratiche possano derivare dall’approcciarsi a una problematica partendo dal piccolo o dal grande… 😅
Una cosa è ricevere in dono da un vecchio apicoltore la “Regina Genoveffa”, marchiarla e poi seguirla giorno dopo giorno per cinque lunghi anni chiedendo a chi ha più esperienza, ai libri e al web come operare per farla vivere al meglio.
Altra cosa è studiare sui libri e multimedialmente chi è e cosa fa un’Ape Regina… biologia, ecosistema, malattie più diffuse, pratiche burocratiche annesse e accorgimenti vari… e poi un giorno conoscere la tua prima “Regina”!
Pregi e difetti in ogni metodo… e bisogna anche accettare che il più delle volte quella del metodo è una “non scelta”… ovvero è il destino, le circostanze, a scegliere per te.
Però è innegabile che il metodo “scientifico” tramite il quale sono stato forgiato, se da una parte ti evita di prendere grandi cantonate foriere di tante disgrazie (stile “quelle macchie bianche mio cuggino mi ha detto che se ci metti sopra lo yogurt al malto passano…” oppure “ho visto 100 cigni bianchi nella mia vita, significa che esistono solo cigni bianchi… e quello nero che ti hanno detto è perchè lo tingono con il nero di seppia”), dall’altra è tanto più asettico e lontano dalla biofilia che tanto professo e agogno… poichè il legame con una “Regina” non sarà mai così empatico e vicendevolmente (doloroso ma) proficuo quanto quello con la “Regina Genoveffa”.
Riflessione poi già ampiamente descritta da Antoine de Saint-Exupéry ne “Il piccolo principe” (ricordate la sua rosa?) e ripresa da Umberto Eco nelle ultime righe de “Il nome della rosa”… ma che è sempre bene ricordare nel tentativo di raggiungere quella “via di mezzo” che gli antichi ci dicono “lastricata d’oro”. 😉

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Il metodo induttivo o induzione (dal latino inductio, dal verbo induco, presente di in-ducere), termine che significa letteralmente “portar dentro”, ma anche “chiamare a sé”, “trarre a sé”, è un procedimento che partendo da singoli casi particolari cerca di stabilire una legge universale. Nel greco antico è traducibile con l’espressione epagoghé (ἐπαγωγή).
Contrapposto a quello induttivo è il metodo deduttivo (anche detto “metodo aristotelico”), che al contrario procede dall’universale al particolare.
Il metodo deduttivo o deduzione è il procedimento razionale che fa derivare una certa conclusione da premesse più generiche, dentro cui quella conclusione è implicita. Il termine significa letteralmente «condurre da», perché proviene dal latino “de” (traducibile con da, preposizione indicante provenienza, o moto di discesa dall’alto verso il basso), e “ducere” (condurre).
Questo metodo parte da postulati e princìpi primi e, attraverso una serie di rigorose concatenazioni logiche, procede verso determinazioni più particolari attinenti alla realtà tangibile.
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